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Il Monumento ai Caduti di tutte le Guerre di Umberto Mastroianni a Frosinone: vicende storiche e note critiche

Lisa Della Volpe

Scritto da:

Lisa Della Volpe

Lisa Della Volpe

Centrifuga, aspirava a un’occupazione dello spazio non statica, ma attinta d’impeto. Centrifuga, trovava l’apice della propria felice attuazione nei grandi monumenti, questa forma quasi anacronistica di espressione, che Mastroianni seppe riportare alla sua funzione e che per lui rappresentava la possibilità di tender in uno spazio immensificato le forze dei suoi legni, dei suoi metalli, di tracciare un disegno grandioso della potenza stessa dell’arte. Autentici capolavori come il monumento alla Resistenza di Cuneo ne danno testimonianza (Maurizio Calvesi)1Calvesi, in Umberto Mastroianni 2008, p. 19. .

Tra i monumenti che Umberto Mastroianni realizzò a Cuneo e a Cassino, si inserisce quello ai Caduti di tutte le Guerre di Frosinone (Fig. 1).

Fig. 1 U. Mastroianni, Monumento ai Caduti di tutte le Guerre, acciaio, 1967-1978, Frosinone

Lo scarto cronologico è significativo. Il primo, iniziato nel 1964, è inaugurato cinque anni dopo; il secondo, nel 1980, era ancora un gigantesco modello in legno in scala, ma – come scrisse Cesare Brandi – perfettamente realizzato e in attesa di prendere la forma metallica e occupare lo spazio accanto a Rocca Janula diversi anni dopo2 Brandi 1980, p. 12. Nella memoria di Umberto Mastroianni, Cesare Brandi affiora come maestro, guida spirituale, amico fraterno di serate trascorse in piacevoli conversazioni sull’arte. Cfr Mastroianni 1991, pp. 153-154. Per un quadro sintetico delle vicende del monumento di Cassino si rimanda a Pinchera 2010. .
Altrettanto significativo è il divario formale e strutturale, come sottolineato da Brandi: il monumento di Cuneo è la forma di una deflagrazione in atto, un involucro che si proietta all’esterno attraverso i cunei, né struttura né architettura, né tantomeno scultura architettonica3 Zevi 1969 .
Il monumento di Cassino è attivazione dinamica, struttura organizzatissima che materializza l’energia delle tragiche esplosioni su Montecassino della Seconda Guerra Mondiale. Entrambi rientrano in quella produzione per la quale Umberto Mastroianni ha giustamente conquistato un posto di tutto rilievo nella storia dell’arte internazionale del XX secolo e sono stati oggetto di studi fondamentali che hanno permesso di comprendere la poetica artistica e l’evoluzione del concetto di monumento per l’artista. Tra il monumento alla Resistenza di Cuneo e quello alla Pace di Cassino, due fuochi di un’ellissi, sta appunto il monumento di Frosinone, che, è tutt’altro che semplice o vacua rilettura di un tema già affrontato da Mastroianni, sovvertendo i canoni monumentali tradizionali4 Umberto Mastroianni 1974, p. 17 .
Nonostante l’innegabile valore storico e la profonda valenza culturale del monumento di Frosinone, manca uno studio aggiornato, rigoroso e puntuale, che possa fare chiarezza sia sulle vicende sia sulla prassi dell’artista, che in questa fase dell’attività di Mastroianni configura un sostanziale mutamento. Una prima analisi è stata tracciata nel catalogo della mostra di Frosinone del 2016. In quella occasione si presentavano alcuni documenti dall’archivio personale di Mastroianni, senza tuttavia approfondirne gli aspetti storici e critici5 Umberto Mastroianni 2016.
Il presente studio prende avvio da una lettura più attenta di quelle stesse fonti documentarie trascurate ed espone i risultati di una primissima ricerca che era stata avviata anni fa, con alcuni elementi di novità sulle vicende della realizzazione del monumento di Frosinone, ripercorrendo, anche attraverso fonti fotografiche inedite, le fasi dal processo ideativo e la fase progettuale e di installazione6 Un importante fondo documentario e il fondo fotografico, ancora in gran parte inedito, centrato sull’attività pubblica in particolare nella Provincia di Frosinone, furono donati da Mastroianni alla Provincia di Frosinone e si conservano presso il Castello di Ladislao ad Arpino, sede della Fondazione omonima. Una sua breve descrizione è stata da me presentata in occasione della giornata di studio “Cerco le vertebre della mia scultura”. Giornata di studio, arte e poesia dedicata a Umberto Mastroianni a 25 anni dal conferimento del Praemium imperiale del Giappone, Arpino, 25 febbraio 2015: solo sul monumento di Frosinone si contano oltre 130 fotografie, dal modello in cartone alla sistemazione finale del monumento.L’archivio personale di Mastroianni è custodito presso la Fondazione Quadriennale di Roma. Il materiale relativo al monumento di Frosinone è costituito da una ventina di fotografie del bozzetto in legno, dell’assemblage e delle singole parti in acciaio.

È necessario fare qualche passo indietro.
Dopo le devastazioni del terremoto marsicano del 13 gennaio 1915 e la terribile epidemia di “Spagnola” che nell’autunno del 1918 colpisce la città di Frosinone, arriva finalmente la notizia della fine della Guerra. Il sindaco Ferrante convoca la sessione straordinaria del Consiglio Comunale, il 20 dicembre 1918. All’ordine del giorno vi è la proposta per la realizzazione del monumento per i Caduti di Frosinone. Il sindaco suggerisce il nome del già noto e apprezzato architetto Cesare Bazzani7 Federico 2016, p. 211 e seguenti. Gli incarichi per la realizzazione dei monumenti ai Caduti nel Lazio venivano quasi sempre assegnati tramite concorso. A volte la città si rivolgeva direttamente ai propri concittadini e la scelta era legata alle disponibilità economica del Comune. Si rimanda a Il Lazio e la Grande Guerra 2010, in particolare pp. 74-75 per il concorso di Poggio Mirteto. , che realizza il monumento inaugurato il 26 gennaio 1924, posto lungo il tracciato detto “Giro dei cavalli”, in prossimità della chiesa di Santa Lucia, poco distante dal Palazzo del Governo (attualmente sede della Prefettura)8 Federico – Jadecola 2005, p. 143, n. 5 . Oggi di quel monumento rimangono la lapide riutilizzata da Umberto Mastroianni, il progetto conservato presso l’archivio di Stato di Terni e le foto d’epoca (Fig. 2)9 Di Sano 2001, pp. 145-151. Presso l’Archivio di Stato di Terni sono conservati gli altri progetti realizzati per Frosinone: la Residenza comunale, il Civico Cimitero, il Monumento a Norberto Turriziani, l’asilo infantile Ricciotti. Bazzani aveva inoltre realizzato il progetto per la Biblioteca Nazionale di Firenze e per l’Edificio delle Belle Arti di Roma, attuale Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Il Fondo Cesare Bazzani è accessibile al link www.cflr.beniculturali.it/asterni/bazzani/index_fondo.htm .

C. Bazzani, Monumento ai Caduti, Frosinone, cartolina d’epoca, Roma, Collezione privata

Dal progetto, si comprende come il monumento di Bazzani si inserisse formalmente, pur discostandosene a livello contenutistico, all’interno del percorso già solcato da Duilio Cambellotti, il quale mescola astrazione ed espressionismo, la cui sintesi più alta, sul territorio laziale, è il monumento di Fiuggi del 1926, anticipato di qualche anno da quello di Terracina, con il quale condivide la carica simbolica di ispirazione romana10 Gnisci 2010, pp. 15-50; in particolare sul monumento di Terracina, pp. 25-27.
Il monumento di Fiuggi, formato da una serie di cippi e torri dai quali emergono le Dolorose – i volti dalla fisionomia accentuata, caricata del dolore della guerra e della distruzione – diventa il monito, la memoria tragica nella vittoria (Fig. 3).

D. Cambellotti, Monumento ai Caduti, 1926, Fiuggi (Fr)

La sperimentazione formale di Cambellotti, con l’amplificazione dei volumi e l’accostamento di elementi architettonici semplificati a componenti scultoree figurative di chiara derivazione romana che cedono alle richieste di esaltazione della vittoria e al pathos, non ha paragoni in altri ambiti scultorei contemporanei e rende il monumento di Fiuggi un punto di riferimento per la scultura monumentale degli anni Venti11 Appella – Quesada 1991 n. 104. Si veda Apreda 2010, alla quale – pur avendo trascurato il monumento di Fiuggi, senza coglierne le caratteristiche innovative per il territorio del Lazio Meridionale – si riconosce il merito di aver restituito una visione generale della scultura commemorativa nella provincia di Frosinone. Sulla scultura monumentale tra le due guerre si vedano inoltre i fondamentali saggi di Fergonzi 1992, Cresti 2006 e il Grandesso 2013. .
La stessa intenzionalità di aderire alla cultura classica emerge nel monumento a Frosinone: Bazzani innalza un grande monolite in marmo, al quale addossa la scultura della Patria, una giovane donna con elmo che ha già lasciato ai suoi piedi, dietro di sé, lo scudo e sta rinfoderando la spada. Il modello sembra essere quello della Vittoria di Ostia12 Nel 1912 fu ritrovata negli scavi di Ostia antica la scultura della Vittoria con cimiero ed egida che rimanda a Minerva-Atena. La scultura, per le linee arcaiche chiuse, influenzò molti artisti che adottarono questo modello per sottolineare le virtù guerresche e il coraggio dei caduti , con la quale le opere del Bazzani condividono la monumentalità e la enfasi del potere e al contempo l’estraneità dal contesto storico del tempo, che rende il monumento di Frosinone un’opera sovratemporale. In modo eloquentemente esortativo, il monumento invitava il pubblico al rispetto dei valori civili, attraverso un linguaggio collaudato.
La distruzione del monumento di Bazzani durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale fu l’ennesima ferita per una città già duramente provata e, molti anni dopo, le vicende della realizzazione di quello ai Caduti di tutte le Guerre di Umberto Mastroianni, in parte ancora inedite, evidenziano l’interesse e il grado di coinvolgimento degli intellettuali e delle maggiori cariche istituzionali locali. Il carteggio del Fondo Umberto Mastroianni e del Fondo Libero de Libero presso la Quadriennale di Roma, in particolare, fa chiarezza su alcuni aspetti, che vale la pena approfondire.
Il Comitato per la Ricostruzione del Monumento ai Caduti, presieduto da Domenico Millotti, e il sindaco Armando Riccardi incaricano l’artista di Fontana Liri dopo che la giuria – presieduta dall’amico Libero de Libero, e composta dal pittore Domenico Purificato e dallo scultore Giuseppe Mazzullo – aveva bocciato tutti i bozzetti presentati al concorso13 Fondazione Quadriennale di Roma, Fondo Umberto Mastroianni 1.1.b.1 u. 15.3. La lettera è datata 12 novembre 1967. L’immediata risposta entusiasta e commossa di Umberto Mastroianni è del 15 novembre 1967 (Fondazione Quadriennale di Roma, FUM 1.1.b.1 u. 15.3). .
La lettera del 12 novembre 1967 con la quale si conferisce l’incarico diretto all’artista contiene anche la promessa di celebrare il valore e la fama di Mastroianni. Proprio il poeta e critico d’arte Libero de Libero, tramite tra l’artista e i dirigenti, aveva anticipato, in una lettera del 19 ottobre 1967, la notizia a Mastroianni, motivando la decisione per campanilismo e per la notorietà dell’artista, e rimettendo a Mastroianni la scelta del luogo di destinazione del monumento. De Libero invitava l’artista ad accettare «anche se il guadagno non sarà quello che tu meriti» e annunciava l’imminente invito ufficiale da parte del sindaco di Frosinone e del Presidente del Comitato, come effettivamente avvenne il mese successivo14 Fondazione Quadriennale di Roma, FUM 1.1.b. 1 u.16 .
Due anni dopo, Umberto da Torino informa Libero de Libero in una lettera sintetica quanto precisa di aver ripensato il bozzetto, «nato un po’ a freddo» e «organizzatissimo nelle sue strutture» nell’impostazione complessiva. Mastroianni annuncia inoltre che presto gli avrebbe mandato, per un parere, le foto della nuova idea, di quello che l’artista definisce un nucleo di partenza che, elaborato in senso monumentale e «scaldato», avrebbe consentito alla scultura di «scoppiare» e di svilupparsi «in un modo evidentemente imprevisto»15 Fondazione Quadriennale di Roma, Fondo Libero de Libero, 1.1. 11 b. 29 u. 53.25, W la Ciociaria. La lettera è stata pubblicata in Umberto Mastroianni 2016, insieme agli altri documenti citati in nota 10 e 11, da me rintracciati nell’archivio della Quadriennale di Roma. Non è stato possibile ad oggi trovare una successiva lettera, che Mastroianni prevedeva di inviare a Libero de Libero nell’arco di una settimana, con allegata la foto dell’idea del monumento, in una fase molto precoce. Questa lettera potrebbe trovarsi nella parte dell’archivio attualmente in fase di riordino. Sulla consistenza del Fondo si veda Libero de Libero 2014, fondamentale anche per conoscere i rapporti del poeta con gli artisti della Galleria della Cometa negli anni compresi tra il 1935 e il 1939. .
Il processo di realizzazione vero e proprio del monumento di Frosinone prevedeva un primo modello in scala, in sagome di cartone assemblate, montate su un tavolo e agganciate a un traliccio metallico, che, simile a quello del Monumento di Cuneo, cresceva e si modificava con lo svilupparsi della costruzione (Figg. 4 – 5).

U. Mastroianni, modello in cartone del Monumento ai Caduti di tutte le Guerre di Frosinone, (fotografia tratta da Umberto Mastroianni 2016)
U. Mastroianni, modello in cartone del Monumento ai Caduti di tutte le Guerre di Frosinone, (fotografia tratta da Umberto Mastroianni 2016)

Questo modello è qualcosa che aveva la forma dei «brandelli di sogni o parole di una armonia fatta di guizzi e silenzi» con i quali nascevano i progetti di Mastroianni16 Mastroianni 1991, p. 185 . In questo campo di lavoro verticale e in apparenza caotico, squarci e vuoti, materia e colore avevano la stessa importanza.
Dal modello in cartone Mastroianni ricavava un secondo prototipo, anche questo in scala ridotta (cm. 480 x 680 x 115), in legno facile da tagliare, incollare e da montare. Le parti numerate venivano assemblate (Fig. 6).

U. Mastroianni, modello in legno del Monumento ai Caduti di tutte le Guerre di Frosinone, (© Archivio privato del maestro Renzo Cartoni, Morlupo, Roma)

Una volta in fonderia, dal modello si ottenevano le sagome metalliche a grandezza reale, successivamente saldate tra loro per comporre le singole parti.
L’attenzione meticolosa di Mastroianni, anche nella fase conclusiva di saldatura, traspare nelle fotografie di Renzo Cartoni scattate a Terni. Esse rappresentano singole parti o un piccolo gruppo di ingranaggi del monumento. Sul retro Mastroianni marcava i contorni e annotava le misure (Figg. 7-8).  

U. Mastroianni, Monumento ai Caduti di tutte le Guerre, fotografia di R. Cartoni, Roma, Collezione privata
U. Mastroianni, Monumento ai Caduti di tutte le Guerre, fotografia di R. Cartoni, Roma, Collezione privata (retro)

L’interesse fortissimo, quasi ossessivo, di Mastroianni per la fotografia – con ogni probabilità germinato in lui dall’apprendistato presso lo zio Domenico, prolifico autore di fotosculture con intenti anche di auto-promozione17 Per una prima indagine sull’apprendistato di Umberto presso lo zio Domenico, anch’egli scultore e autore di alcuni monumenti, si veda Della Volpe 2015. Sull’attività di Domenico si veda Della Volpe 2014 (con bibliografia precedente). – lo aveva portato a chiamare a sé grandi nomi come Francesco Aschieri, Roberto Ruberti, Ugo Mulas, testimoni e interpreti del suo intenso lavoro artistico. Le fotografie illustrano pressoché ininterrottamente l’attività di Mastroianni a partire dal monumento di Cuneo, testimoniano i processi di riflessione e di revisione e documentano la prodigiosa e infaticabile attività di ricerca dell’artista. Nel 1974, il monumento di Frosinone è completato in ogni sua parte e viene esposto, smontato, sulle ampie gradinate di fronte all’ingresso della Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma per la mostra antologica curata da Palma Bucarelli (Fig. 9)18 Umberto Mastroianni 1974a, schede 87-97; Calvesi dedica in “Il Corriere della Sera”, 16 giugno 1974 un eloquente articolo alla scultura monumentale di Mastroianni, alla lotta furiosa tra spazio-ambiente e tra oggetto e soggetto. Il catalogo della mostra antologica di Roma che fa seguito a quella retrospettiva dello stesso a Torino, riporta tre immagini (figg. 87, 87a e 87b) del bozzetto in legno del monumento di Frosinone, oggi a Urbino. Le altre immagini rappresentano i particolari del monumento. In quella stessa occasione sono esposte diverse opere successivamente donate alla Provincia di Frosinone con atto del 23 gennaio 1992 e portate ad Arpino (Fr): n. 72 (Cavaliere); n. 100 (Sviluppo di forme n. 1); n. 112 (Sviluppo di forme n.3); n.113 (Apparizione fantastica n. 1); n. 115 (Astronauta); n. 123 (Invasione); 124 (Stele); n. 125 (Macchina spaziale). Si rimanda a Umberto Mastroianni 1976 e Umberto Mastroianni 2005. L’archivio on line dell’Istituto Luce raccoglie il breve documentario sulla mostra, RADAR / R0662, Italia – Alla Galleria nazionale d’arte moderna a Roma una mostra personale di Umberto Mastroianni. Imponente anche la donazione  alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma: tredici grandi sculture e  quattordici rilievi policromi, datati tra il Quaranta e il Settanta. Si rimanda a Monferini – Tolomeo 1987.

Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Monumento di U. Mastroianni ai Caduti di tutte le Guerre per la città Frosinone, 1974 (fotografia tratta da Lassaigne, 1976)

I relitti metallici mastroiannei, «irosi subbugli di ferri»19 Umberto Mastroianni 2008, p. 19 , enfatizzano per contrasto le linee classicheggianti dell’edificio progettato da Cesare Bazzani, come il Monumento ai Caduti di Frosinone che Mastroianni sostituisce, quasi a voler sottolineare il passatismo di quella architettura in maniera sfacciata e irruenta. Sembra tuttavia di cogliere anche una certa fugace riconoscenza per quell’architetto incontrato nei luoghi delle stesse città. Sebbene scomposto in particelle irregolari ai lati del grande viale delle Belle Arti, come parti di un corpo dilaniato i cui pesanti brandelli cadono sparsi sulla terra desolata dopo la deflagrazione, il monumento si impadroniva degli spazi urbani con una forza dirompente che simulava la violenta distruzione delle guerre, la putrefazione della carne straziata, la mostruosità armata dell’umana follia, olocausto infinito, simbolo delle ideologie moderne in frantumi, «assemblage meccanicistico di tutte le false ideologie»20 Passoni, presentazione in Umberto Mastroianni 1974b, p. 14 , che l’uomo continua a produrre per la sua autodistruzione.
Portato a Frosinone, dopo una serie di lungaggini, testimoniate anche dalla corrispondenza dell’artista21 Nel 1972 Mastroianni era stato invitato, con Carlo Giulio Argan, Nello Ponente e Bruno Zevi, dal sindaco Pesce a recarsi a Frosinone per individuare il luogo per il monumento (Fondazione Quadriennale di Roma, Fondo Umberto Mastroianni 1.1 b.1 u.16.1, lettera datata 14 ottobre 1972). , dovute alla scelta dell’ubicazione e abbandonato il progetto iniziale di Mastroianni del Belvedere di Piazza Vittorio, il monumento trova finalmente sistemazione nello spazio entro la curva di viale Mazzini dove è inaugurato con una solenne cerimonia l’11 dicembre 1977 (Fig. 10).

«Ho pensato – scrive Mastroianni nel 1985 – a una grande macchina bellica capace di distruzione, ma nello stesso tempo monito contro la guerra, anzitutto con una energia architettonica che racchiude una volontà di dominio sulla materia e sullo spirito dell’uomo, una costruzione a grandi linee di fuoco con la sincronizzazione di forze per un grande volo verso la liberazione di un nuovo domani di fratellanza tra tutti i popoli. Una scultura quasi tenebrosa ricoperta di guerra, ma con un respiro umano trascendente»22 Mastroianni in Ciociaria 1985,p. 47. Si veda inoltre La Ciociaria con Mastroianni 1986..

Il “gusto di sapore vagamente archeologico” colto da Argan nei bassorilievi cromatici apparsi per la prima volta alla mostra a Palazzo dei Diamanti a Ferrara nel 1979 e l’uso del colore nei rilievi che traducono in impulsi percettivi gli impulsi meccanici sono qui fissati sulla superficie ferrosa corrosa dall’azione del tempo.
Il gusto per la superficie con l’affiorare della materia è una costante nella produzione mastroiannea, ma nel congegno di Frosinone  sembra esserci un’aggiunta non controllabile dall’artista: il tempo. Le pulegge e le leve in cui si annidano i teschi, volti scarnificati, vittime delle violenze umane o forse simboli dei tiranni, sono destinati a perire, riarse dal sole estivo, dilavate dalle piogge invernali e dissolte in rivoli di ruggine che rigano il suolo, come sangue. Il monumento di Mastroianni appare come la carcassa delle ideologie che hanno condotto l’uomo alla distruzione. Non allegoria di una macchina bellica pronta a rimettersi in moto, il monumento diventa un relitto delle atrocità e della barbarie, disfatto da un tempo trattenuto appena sui grumi materici e sui nodi metallici.
La tragedia immane e indescrivibile della Seconda Guerra Mondiale, che sconvolse l’Europa e il mondo, rovina incalcolabile e devastante, con la sconfitta dell’Italia schieratasi con Hitler, «ribolliva anche dentro le mie mani, – scrive  lo scultore – inquietava la mia fantasia, rifiutava il limite. Chiedeva spazio, libertà, dinamica» e, rigettate le facili retoriche roboanti trionfalistiche e mitizzanti di epoca fascista, l’artista, agitato da un più profondo e lacerante travaglio dialettico, si spingeva verso una nuova fase di sperimentazione dell’arte. Trovava il canale di espressione più vitale in quelle macchine da guerra ormai incapaci di distruggere, inerti e inutilizzabili, e prive di qualsiasi carica distruttiva, trasformate da scultura in architettura per la città.
Nel 1991 Mastroianni, con la sua asciutta e solida penna, scrive: «La guerra sconvolse il mio mondo, me, tutto. Le lotte fratricide, il sacrificio di tanti innocenti, i partigiani, le vittime, la coscienza della nuova libertà. Era e non era la guerra»23 Mastroianni 1991, p. 47 , e qualche anno prima aveva dichiarato che tutti i monumenti potevano essere legati «tra loro, come un grosso romanzo tragico»24 Strozzieri 1985, p. 50 : la lacerazione interiore di Mastroianni unita al bisogno vitale di libertà e di pace condusse l’artista al superamento delle esperienze artistiche passate, al rifiuto della retorica celebrativa dell’Italia vittoriosa alla Prima Guerra Mondiale, e all’urgenza di dare voce al dolore appena vissuto in una nuova forma grandiosa «che unisse cielo e terra all’uomo, che evocasse i gridi notturni, i pianti, il sangue. La morte»25 Strozzieri 1985, p. 48 .
Il congegno meccanico, non più in bronzo o pietra, realizzato mediante l’assemblaggio di diverse parti incastrate tra loro in equilibrio instabile, è collocato in uno spazio cittadino che, sebbene non fosse quello originariamente indicato dal maestro, è magnifico, in quanto, secondo Michel Tapié, i dislivelli della strada offrono la possibilità di una agevole contemplazione da tre prospettive e la partecipazione in un paesaggio urbano già significativo26 Il testo di M. Tapié, tradotto dal francese da I. Perlo, è conservato presso l’archivio della Fondazione U. Mastroianni di Arpino.
Tapié individua quindi un aspetto fondamentale: il punto di vista dell’osservatore. Il monumento di Frosinone rappresenta il superamento del punto di vista unico a favore del multidirezionale dinamico, e riconduce a un aspetto sostanziale che non va sottaciuto nella poetica di Mastroianni, rintracciabile persino in questi anni di lungo lavoro sui monumenti: il rapporto con il Futurismo e in particolare con Boccioni. Come un fiume carsico, il ricordo dei modelli boccioniani riaffiora negli anni e si trasforma sotto le mani inquiete di Mastroianni, suggerendo la dilatazione dei volumi che conquistano lo spazio circostante. Più che al dinamismo della scultura boccioniana, appare stringente il rimando ai celebri trittici Stati d’animo I e soprattutto Stati d’animo II di Umberto Boccioni (1910-12), accordo dinamico tra ambiente e figure, trasposizione in pittura dell’idea universale della partenza con la sua agitazione convulsa, la sofferenza degli addii, con il calore degli abbracci, e infine la tristezza dolorosa di chi resta27 Boccioni realizzò due versioni degli Stati d’animo (comprendenti tre dipinti dai titoli Quelli che restano, Addii e Quelli che tornano), una conservata a Milano, Museo del Novecento, e l’altra a New York, MOMA. Quest’ultima, Stati d’animo II, venne esposta a Parigi nel 1912 e suscitò enorme interesse da parte della critica e del pubblico, con sorpresa di Boccioni stesso. Si veda Calvesi – Dambruoso 2016, pp. 430 e ss..

U. Mastroianni, Monumento ai Caduti di tutte le Guerre di Frosinone, (© Archivio privato del maestro Renzo Cartoni, Morlupo, Roma)

L’intensificarsi delle linee, in successioni oblique e brevi, l’addensarsi della luce su elementi circolari, i teschi che emergono tra le diagonali solidificano il dolore umano rendendo il monumento di Mastroianni la metamorfosi in scultura della rappresentazione archetipica dell’atrocità di tutte le guerre, della speranza di rinascita, dei fallimenti delle umane genti e sono frutto di riflessioni su esperienze dirette sul campo di guerra, contrariamente a Boccioni, la cui partecipazione alla Prima Guerra Mondiale è successiva alla realizzazione del trittico. La portata innovativa e rivoluzionaria del Monumento di Frosinone, da un punto di vista contenutistico e soprattutto progettuale e tecnico, appare ancor più evidente se posta in relazione con i due monumenti precedenti – al Partigiano di Torino in pietra e ai Partigiani di Valperga Cavanese in bronzo – e se si tiene conto della pressoché contemporanea realizzazione del monumento ai Caduti di Cuneo28 Mastroianni lavora al Monumento della Resistenza italiana dal 1964 al 1969, su incarico del Comune di Cuneo. È inaugurato il 7 settembre 1969. È evidente il richiamo al nome della città attraverso la rappresentazione dei cunei nel monumento..
Concepito come assemblaggio di cunei, «un congegno plastico, con le sue profondità tenebrose»29 Argan 1971, p. 22 e realizzato secondo la tradizionale lavorazione del bronzo in fusione, il Monumento di Cuneo è allegoria nitida e solitaria, secondo Aldo Passoni30 Passoni 1974, p. 14 , e per Argan «il solo esempio di arte di avanguardia come arte della rivoluzione»31 Argan 1971, p. 23 . Esso rappresenta la tendenza febbrile e impaziente alla diramazione espansiva32 Carlino 2015, p. 23 insita nella scultura di Mastroianni fin dalle sue origini, che ha proceduto per stratificazioni successive verso la violenza esplosiva, passando attraversando l’enigma della statuaria egizia ed etrusca e il dinamismo della scultura futurista. Tuttavia il Monumento di Cuneo, issato come corpo martirizzato su un graticolato di ferro, appare opera conclusa, per certi aspetti anti-boccioniana, contenuta in uno spazio definito: il nucleo nero è celato dalle tenebre dove la luce non può arrivare a distruggere la materia di cui è composto.
In questo nucleo sono conficcati i chiodi, come a fissare quegli aghi perduti, memore forse della splendida similitudine ideata da Libero de Libero per indicare i versi, cifra minima della poesia33 La poesia di Libero de Libero, dal titolo Dio, qui riportata, è contenuta nella raccolta Il gran forse. Cfr de Libero 2011, p. 63 e p. 320 per la prima traccia critica della poesia di de Libero fornita nel 1934 da Giuseppe Ungaretti, che in una lettera al poeta scrive «C’è nella Sua poesia qualche cosa che tormenta e nello stesso tempo che trasfigura, espresso, nei Suoi momenti felici, come non ho sentito ancora da altri»:

Ogni notte Dio passeggia

lungo le rive dell’inferno

a volte la morte non

dorme per non morire

la straniera guarda

 dal sole asilo

la pagina nera

del gran forse

quanti versi

sono aghi perduti.

Gli aghi della scrittura tormentata di Libero de Libero, nel lavoro dello scultore si trasformano in quei chiodi, evocati nella poesia Viae Crucis di campagna di Mastroianni, contenuta nei suoi scritti autobiografici34Mastroianni 1986, p. 21 :

Il dolore è metallico

i chiodi sono

conficcati

nello spazio

dove si abbevera l’uomo.


Appena l’anno prima della personale alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna,  Mastroianni aveva ottenuto il Premio Antonio Feltrinelli dell’Accademia Nazionale dei Lincei, per la scultura. La giuria conferiva il premio a Mastroianni al culmine di una imponente attività artistica, di alta qualità inventiva che aveva influito sulla storia della scultura moderna e individuava nel Monumento di Cuneo il capolavoro dell’artista, «sintesi di un potente impeto plastico e di un alto significato civile»35 La commissione era formata da Anna Maria Brizio (presidente), Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi, Cesare Gnudi, Giovanni Paccagnini, Carlo Pietrangeli, Maurizio Calvesi (relatore). La motivazione della giuria è riportata in Umberto Mastroianni 1974a, p. 74 e Ponente 1974, pp. 64-65. .
Ed effettivamente il monumento di Cuneo rappresenta per Mastroianni uno spartiacque.
La scultura monumentale per sua natura, per la sua vocazione, ha destinazione pubblica, e quella di Mastroianni, ha valenza sociale amplificata36 Lassaigne 1976, pp. 5-20 . Il monumento è intrinsecamente collegato allo spazio urbano; lo descrive e lo connota, fornendo la chiave interpretativa della città intera. Il monumento, più che testimonianza tangibile del passato, veicola i valori etici e civili. La scultura monumentale dopo Frosinone non sarà più contemplazione di fatti storici, come dimostreranno le successive opere di Vallerotonda e soprattutto di Cassino. Il monumento di Frosinone costringe, per volontà dello stesso artista, alla partecipazione, e come nel bronzo Hiroshima del 1961, la tragica maschera umana testimonia la trasmutazione della follia distruttiva in deforme raccapricciante dolore.
Tragico e crudele, il monumento di Frosinone, in acciaio, «scattante, limpido, purificato»37Ponente 1972 pp. 7-9 , fende il tempo nella sua cupa azione violenta, lambisce lo spazio come una tenaglia letale di forme e di luce. La «volontà di dominio sulla materia e sullo spirito dell’uomo» alla quale aspirava Mastroianni si estrinsecava in procedure controllabili e premeditate, e nell’opera finale, nata dal processo in cui «tutti i momenti trovano immediata e visibile verifica nell’operazione tecnica»38

Argan 1981, p. 15. Per i modelli in legno si rimanda a Umberto Mastroianni 2005. Per approfondimenti sull’artista si rimanda alla bibliografia generale della Biblioteca della Fondazione U. Mastroianni di Arpino, compilata a partire dal 2013 e consultabile on line dal sito web della Fondazione. Si vedano i tre tomi del catalogo ragionato dell’artista Umberto Mastroianni 2014, 2015a e 2015b. Ringrazio Antonio Abbate, Serena Aschieri, Marcello Carlino, Gaetano De Angelis Curtis, Luigi Gulia, Rachele Martino e Maria Chiara Martino, per il prezioso aiuto durante le ricerche sul territorio. Ringrazio inoltre Assunta Porciani per avermi guidata nello studio dei documenti della Quadriennale e Jadwiga Elzbieta Andrzejewska Cartoni per la straordinaria generosità e per aver condiviso notizie importanti sul maestro Renzo Cartoni. Desidero rivolgere il mio commosso ringraziamento a professore Maurizio Calvesi.
, quella volontà è completamente annullata nell’attesa fatale della metamorfosi, del suo cambio di stato sotto l’occhio dei sopravvissuti.

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Umberto Mastroianni: i legni per i monumenti alla Resistenza, catalogo ella mostra, Alessandria, Galleria Carlo Carrà di Palazzo Guasco, 9 giugno – 17 agosto 2005, a cura di G. Barbero, F. De Santi, Roma 2005

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Umberto Mastroianni. Il canto della materia, catalogo della mostra, Carmagnola, Chiesa di San Filippo – Chiesa di san’Agostino – Museo Tipografico Rondani, 26 settembre -27 ottobre 2008, a cura di M. Calvesi, Fossano 2008

Umberto Mastroianni 2014
Catalogo ragionato dell’opera di Umberto Mastroianni, tomo 1, Roma 2014

Umberto Mastroianni 2015a
Catalogo ragionato dell’opera di Umberto Mastroianni, tomo 2, Roma 2015

Umberto Mastroianni 2015b
Catalogo ragionato dell’opera di Umberto Mastroianni, tomo 3, Roma 2015

Umberto Mastroianni 2016
Umberto Mastroianni. Dominare lo spazio e il tempo, catalogo della mostra, Frosinone, Villa Comunale, 13 febbraio – 11 marzo 2016, a cura di L. Rea, Arpino 2016

Vidotto – Tobia – Brice 1998
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Zevi 1969
B. Zevi, Un monumento tessuto d’acciaio, in L’Espresso, 14 settembre 1969

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