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Rubens cortigiano di Vincenzo Gonzaga: puntualizzazioni sui soggiorni a Genova

Cecilia Paolini

Scritto da:

Cecilia Paolini

Il rapporto che Pietro Paolo Rubens ebbe con la città di Genova, durante gli otto anni di soggiorno italiano, fu talmente intenso da far ricordare il capoluogo ligure, nella letteratura artistica del XVII e XVIII secolo, come la città italiana in cui il maestro fiammingo sostò più a lungo[1]. Ovviamente si tratta di un’iperbole letteraria che non trova riscontro nelle evidenze storiche: tale errata convinzione è forse conseguenza di una deduzione determinata soprattutto dai molti ritratti che il pittore d’Anversa eseguì per l’aristocrazia genovese[2]. Tali effigi vengono ricordate da tutti i biografi in modo generico[3], e solo in qualche caso puntualmente, per esempio in riferimento al dipinto raffigurante Giovanni Carlo Doria a cavallo[4] (Foto 1), o alla particolare e precoce eco dei ritratti di Paolo Agostino Spinola e di sua moglie Ginevra Grillo, conosciuti soltanto attraverso fonti archivistiche[5], ricordati già nel 1609 nelle Rime di Scipione de’ Signori della Cella, che li attribuisce a un generico «pittor fiammingo»[6].

Fig.1: Peter Paul Rubens, Ritratto equestre di Giovanni Carlo Doria, 1606 ca., olio su tela, 265×188 cm., Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, inv. n. GNL-42/1988.

La letteratura artistica, per altro, non ha mai perso memoria anche delle pale d’altare che di Rubens si trovano a Genova[7]; a tal proposito, la menzione più frequente riguarda la Circoncisione (Foto 2), eseguita per la chiesa dei Gesuiti, di cui Soprani[8] non specifica i riferimenti cronologici, mentre de Piles[9], Félibien[10] e Baldinucci[11] la datano correttamente durante gli anni italiani, ma attribuiscono allo stesso periodo anche il Sant’Ignazio (Foto 3), sebbene sia in realtà una committenza dei primi anni Venti del XVII secolo[12]. L’importanza di Rubens nelle collezioni genovesi è attestata anche nel ricordo di Bellori riguardante i due dipinti a soggetto mitologico (Ercole e Onfale e Morte di Adone, Foto 4-5) provenienti dalla collezione di Vincenzo Imperiale[13], menzione che, per altro, è fondamentale per comprendere la cronologia delle fonti utilizzate dallo storiografo[14]. In considerazione della rilevanza che alla città ligure viene data dalle fonti biografiche rubensiane, sarebbe legittimo supporre un’attestazione altrettanto consistente nei documenti storici: al contrario, la presenza del pittore fiammingo in terra ligure è in larga parte deducibile esclusivamente attraverso una lettura in controluce del materiale archivistico afferente alla corte gonzaghesca, sotto il cui patronato Rubens rimase durante tutto il periodo italiano; soltanto recentemente, da un’approfondita indagine svolta presso l’Archivio di Stato di Mantova, sono emersi documenti che comprovano un breve soggiorno di Rubens a Genova da collocare alla fine del 1605[15].

Come è logico, la presenza del maestro d’Anversa nella Repubblica ponentina non dovette limitarsi all’unica volta per la quale si ha una traccia diretta: i soggiorni ipotizzati dalla critica storiografica sono almeno quattro. Il primo avvenne verosimilmente alla fine del 1600, secondo un’ipotesi di Raffaella Morselli ripresa da Girondi[16]: dopo aver assistito al matrimonio per procura, svoltosi a Firenze, tra sua cognata Maria de’ Medici e il re di Francia Enrico IV, Vincenzo I Gonzaga fece ritorno a Mantova il 13 ottobre, ma già sette giorni dopo sono documentate testimonianze di una sua imminente partenza per Genova[17], dove fu accolto con grandi onori, ricordati in missive risalenti all’inizio di novembre[18]. Come per il soggiorno fiorentino[19], è probabile che Rubens abbia accompagnato il duca di Mantova anche durante il viaggio in terra ligure, in qualità di suo cortigiano, soprattutto in ragione dell’evidenza per cui si trattò di una sortita diplomatica ufficiale, con tanto di festeggiamenti per l’illustre ospite.

Un secondo passaggio di Rubens a Genova è da fissare tra la fine di maggio e l’inizio di giugno del 1604, di ritorno dalla missione diplomatica in Spagna affidatagli dal duca di Mantova per consegnare dei doni alla corte di Filippo III[20]: dopo essersi rifiutato di andare a Parigi per eseguire i ritratti delle dame di corte, come ordinato dal suo patrono[21], Rubens avrebbe viaggiato da Valladolid a Mantova passando per Genova; tale itinerario fu condiviso con Annibale Iberti, ambasciatore mantovano in Spagna che aveva appena lasciato l’incarico diplomatico in favore di Celliero Bonatti[22], soltanto fino a Valencia, dove i due arrivarono nel dicembre del 1603.  La prova della tappa ligure sarebbe, anche in questo caso, indiretta: il 22 giugno 1604, infatti, Francesco Pasolini, contabile di Vincenzo I Gonzaga, scrisse a Iberti di essersi impegnato a ottenere la nota spese a saldo dei 1.200 reali consegnati a Rubens non già direttamente da Iberti, ma per suo conto: il fiammingo, infatti, dovette anticipare le spese per comprare due muli necessari al trasporto di merci che l’ambasciatore mantovano doveva far recapitare a Vinaroz, città esplicitamente menzionata, insieme all’acquisto delle bestie da soma, nella missiva di Pasolini. Da questa piccola cittadina iberica, è verosimile che Rubens si sia imbarcato per raggiungere Genova, dove Niccolò Pallavicino, banchiere della corte gonzaghesca, l’avrebbe risarcito dei 1.200 reali, comprensivi di tutte le spese di viaggio, per conto di Iberti, liquidato successivamente da Pasolini per conto del duca di Mantova[23].  In tale contesto deve collocarsi l’inizio della grande amicizia intercorsa tra Rubens e Niccolò Pallavicino (Foto 6): oltre al celebre ritratto del banchiere genovese[24]  l’evidenza più stringente del loro affetto è deducibile dalla scelta del fiammingo di chiamare il suo terzogenito con il nome dell’amico ligure, che fu padrino di battesimo di Niclaas Rubens nel 1618[25].

Fig. 6: Peter Paul Rubens, Ritratto di Niccolò Pallavicini, 1604, olio su tela, 105×92 cm., collezione privata (in prestito permanente presso: Cambridge, Fitzwlliam Collection).

L’unico passaggio direttamente attestato di Rubens a Genova è da collocare alla fine del 1605, ossia poche settimane prima del secondo soggiorno romano dell’artista fiammingo. Il 29 novembre, Annibale Iberti, da Nizza, scrisse una lettera, purtroppo mancante del destinatario, in cui si legge, in chiusura: «…et al S. P. Paolo se ancor è in coteste parti…»[26] (Foto 7). È importante notare che il documento è conservato tra le Minute interne dello Stato di Mantova e non nel carteggio degli Inviati, quindi fu archiviata come missiva dalla corte verso un destinatario esterno e non da un ambasciatore mantovano verso lo Stato; non solo: il registro linguistico utilizzato nel documento denota un rapporto tra pari ed è molto lontano dal protocollo formale che sarebbe stato necessario per rivolgersi a un superiore, fosse stato il Chieppio o addirittura «Sua Altezza» Vincenzo Gonzaga: nonostante, dunque, manchi l’indicazione di chi ricevette tale carta, è indubitabile che in quel momento il pittore d’Anversa non si trovava a Mantova[27].

Fig. 7: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 2261, senza numerazione.

L’analisi del documento fornisce preziose informazioni sulle frequentazioni di Rubens in quei giorni: Iberti, che già da qualche settimana si trovava nella Repubblica genovese, racconta di essere partito per nave la settimana precedente e di aver fatto tappa a Savona, dove fu costretto a fermarsi per due giorni a causa di un forte vento contrario. Scrisse da Nizza, dove stava attendendo Pietro Leonardo Roncas, primo ministro e ambasciatore di Carlo Emanuele I di Savoia, il cui arrivo era previsto entro i successivi due o tre giorni. Nella lettera si fa riferimento alla «S.ra Duchessa», probabilmente Margherita di Rousillon, seconda moglie del duca di Savoia, alloggiata temporaneamente in una dimora presso Villafranca in Lunigiana di proprietà di Maria Doria. È verosimile che quest’ultima non fosse insieme alla citata duchessa, poiché Iberti le «bacia le mani» insieme ai saluti riportati a Pietro Paolo Rubens a chiosa della missiva: il messaggio non era per lei, poiché non avrebbe avuto senso informarla della presenza della duchessa nella sua dimora a Villafranca, ma per qualcuno tanto vicino da poterle riportare i saluti; quindi, se Maria Doria fosse stata in quel luogo, il destinatario del messaggio lo avrebbe saputo e, con qualche probabilità, sarebbe stato a conoscenza anche della presenza nella stessa dimora della duchessa[28]. Maria Doria era la moglie di Gaspare Spinola, nonché madre di Brigida, ritratta da Rubens nella celeberrima tela firmata e datata 1606 (Washington, National Gallery of Art, Foto 8). A quell’altezza cronologica, i rapporti diplomatici tra i Gonzaga e la casata Savoia si stavano stringendo[29], tanto da essere suggellati, nel 1608, con il matrimonio tra Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia. In tali circostanze storiche, la presenza del Roncas, che aveva ottenuto una rapidissima carriera finanziando Carlo Emanuele I in cambio di feudi e rendite, era perfettamente adeguata alla linea politica filo-ispanica del duca di Mantova: soltanto un anno dopo dall’incontro con Iberti, Roncas fu spedito in missione diplomatica in Spagna a seguito della quale fu accusato di alto tradimento e incarcerato per ventitré anni[30].

Fig. 8: Peter Paul Rubens, Ritratto di Brigida Spinola Doria, 1606, olio su tela, 152×98.7 cm., Washington, National Gallery of Art, inv. n. 1961.9.60.

L’ultima, ipotetica, sortita di Rubens a Genova è da fissare nell’estate del 1607 e costituirebbe una breve pausa del fiammingo dal secondo soggiorno romano; il 16 giugno, infatti, Giovanni Magni, ambasciatore mantovano presso la Santa Sede, riferì ad Annibale Chieppio che Rubens sarebbe partito il giovedì successivo, motivo per il quale non avrebbe potuto visitare Palazzo Capodiferro[31]: dopo aver recalcitrato, ancora una volta, per l’intenzione del suo patrono di farsi accompagnare in un viaggio di salute e piacere nelle terre di Fiandra[32], all’inizio di giugno, Rubens era stato indicato dal Magni come perito esperto al fine di valutare gli stucchi e le pitture della storica dimora romana nel rione Regola, che avrebbe dovuto essere acquistata in favore del figlio cardinale del duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga[33]. La missiva del 16 giugno non esplicita la meta di viaggio del pittore d’Anversa ma è probabile, come nota Michael Jaffé[34], che Rubens sia stato costretto a seguire il suo patrono a Genova, dove è attestata la sua presenza, ospite a Palazzo Grimaldi, dal 22 giugno al 24 agosto[35]. Alla luce di una serie di documenti, qui per la prima volta presentati, i dettagli di tale viaggio devono essere corretti sia da un punto di vista cronologico, sia riguardo i palazzi dove il magnifico duca fu ospitato. Innanzitutto, il viaggio avrebbe dovuto avere come meta finale le Fiandre, in particolare Spa, località termale scelta da Vincenzo Gonzaga per ritemprare la propria salute. La sosta in Liguria avrebbe dovuto avere un duplice scopo: il primo era di far visita ad alcuni aristocratici genovesi, che lo aspettavano già da tempo, come si evince da una lettera, inviata il 10 giugno[36] da Giannettino Spinola, nella quale si annunciano grandi feste in onore del duca e l’ingaggio di comici per intrattenere l’illustre ospite; il secondo era di farsi anticipare i fondi liquidi per intraprendere il viaggio verso i Paesi Bassi Meridionali; tale flusso di denaro avrebbe dovuto essere garantito da Francesco Marini (che già nel 1599 aveva ospitato il duca di Mantova presso la propria casa ad Anversa[37]) ma in una lettera del 23 giugno 1607, si scusa per non aver potuto provvedere al denaro in quanto, come Generale delle Galere della Repubblica, era stato spedito in Corsica a combattere contro i pirati e per tale motivo aveva ricevuto troppo tardi la lettera di Annibale Iberti con la richiesta dei fondi necessari per il viaggio di Sua Altezza[38]. Non è possibile sapere se questa mancanza di Marini sia stata tra le cause della rinuncia al viaggio nelle Fiandre; è probabile, però, che abbia determinato un ritardo nella partenza: rispetto a quanto ipotizzato da Jaffé[39], il duca partì almeno una settimana dopo, poiché il 26 giugno[40] scrisse da Mantova a Niccolò Spinola (tramite una lettera trovata nelle Minute della cancelleria) riguardo i dettagli del suo soggiorno: era atteso non a casa Grimaldi, bensì da Giannettino Spinola a Sampierdarena. Senza dubbio in questa data la meta in Fiandra era già stata esclusa, come ribadito esplicitamente in una missiva[41] di Niccolò Pallavicino nella quale quest’ultimo conferma al duca che Giannettino Spinola si sta preparando per riceverlo e contestualmente offre anche la propria dimora a Sampierdarena. La sistemazione che avrebbe dovuto avere il duca di Mantova fu oggetto di dibattito tra Giannettino Spinola e Niccolò Pallavicino: mentre, sempre il 26 giugno[42], lo Spinola spiegava al duca Vincenzo le ragioni per cui lo ospitava  nella propria casa a Sampierdarena e illustrava i preparativi, il giorno dopo il banchiere dei Gonzaga scriveva a Chieppio sull’opportunità di suggerire a Giannettino di ospitare il duca presso la sua villa a Campi e, in Sampierdarena, preferire la dimora che egli stesso avrebbe messo a disposizione[43]. Sicuramente all’inizio di luglio Vincenzo Gonzaga si trovava in terra ligure: il secondo giorno di questo mese, infatti, il conte Andrea Doria, principe di Loano, scrisse a Vincenzo circa il desiderio di poterlo incontrare proprio a Sampierdarena ma lo stato di salute di sua moglie, Giovanna Colonna, rendeva tale proposito molto difficoltoso[44]. L’ipotesi che anche Rubens si trovasse in Liguria troverebbe conferma in Bellori, dal quale si evince l’informazione per cui «di Roma egli si trasferì a Genova e qui fermossi più che in altro luogo d’Italia»[45]. In fondo, nonostante l’incertezza delle fonti storiche, l’affermazione del prefetto delle antichità del papa si basa su una verità incontrovertibile: Genova rimase la città italiana cui Rubens fu più intimamente legato; dopo il ritorno ad Anversa, il pittore fiammingo non ebbe più rapporti noti con Mantova, né ebbe committenti in ambiente romano; al contrario, mantenne un filo diretto, seppur sporadico, non solo con l’aristocrazia ligure, ma finanche con l’ambiente artistico: nell’edizione del 1768, curata da Carlo Giuseppe Ratti, delle Vite scritte da Raffaele Soprani, si ricostruiscono le fonti che lo storiografo secentesco ebbe a disposizione per comporre la biografia del celebre maestro fiammingo, vale a dire il carteggio, intercorso nel 1613, tra Rubens e il pittore ligure Giovan Battista Paggi, corrispondenza che agli inizi del XVIII secolo apparteneva al pittore Alessandro Magnasco[46].


[1] SOPRANI 1768, p. 444; BELLORI 1672, p. 223; DE PILES 1681, p. 10; BALDINUCCI 1846, p. 693; PAOLINI 2018 (1), p. 43.

[2] ORLANDO 2020, pp. 50-81.

[3] BAGLIONE 1642, p. 362; SOPRANI 1768, p. 444; FÉLIBIEN 1685, v. IV, p. 95; BALDINUCCI 1846, p. 694; PAOLINI 2018 (1), p. 29.

[4] BAGLIONE 1642, p. 362.

[5] ASMn, AG, b. 777, f. III, cc. 300-301; AD-G, AP, I, 482, c. 14v; MORSELLI 2018, pp. 251, 277, con bibliografia precedente.

[6] PAOLINI 2018 (1), p. 51.

[7] A tale considerazione sfugge Scannelli, che scambia la chiesa dei Gesuiti di Genova con quella di Roma e confonde le pale liguri con quelle che Rubens eseguì per la Compagnia del Gesù di Anversa. Scannelli, Microcosmo, p. 205.

[8] SOPRANI 1768, p. 444.

[9] DE PILES 1681, p. 10.

[10] FÉLIBIEN 1685, p. 95.

[11] BALDINUCCI 1846, pp. 693-694.

[12] PAOLINI 2018 (1), p. 51.

[13] BELLORI 1672, p. 256.

[14] All’epoca in cui furono editate le Vite, i due dipinti appartenevano già a Maria Cristina di Svezia: evidentemente, le informazioni alla base della biografia su Rubens furono raccolte da Bellori molto prima del 1667, quando conobbe personalmente la sovrana in esilio. PAOLINI 2018 (1), p. 51.

[15] PAOLINI 2020, p. 81.

[16] GIRONDI 2013, p. 26. Lo studioso data erroneamente le fonti archivistiche (non citate) all’anno successivo.

[17] I preparativi di tale viaggio sono descritti in due missive indirizzate da Giovan Battista Prato al duca di Mantova il 22 e il 24 ottobre 1600. ASMn, AG, b. 775, senza numerazione.  

[18] La festa in onore di Vincenzo I Gonzaga viene ricordata in due lettere, una, del 6 novembre, scritta da Nicolò Bellone al duca di Mantova (ASMn, AG, b. 1724, f. I, c 261r), l’altra, datata due giorni dopo, indirizzata da Giovan Battista Prato al duca di Mantova (ASMn, AG, b. 775, senza numerazione).

[19] MORSELLI 2018, pp. 88-89.

[20] PAOLINI 2020, pp. 67-87.

[21] Rubens espresse la propria contrarietà a tale missione in terra francese in una lettera indirizzata al segretario di Stato, Annibale Chieppio, datata novembre 1603 (ASMn, AG, b. 7, cc. 541-542). MORSELLI 2018, p. 178.

[22] PAOLINI 2018 (2), pp. 323-324.

[23] MORSELLI 2018, pp. 187-188.

[24] In prestito presso la Fitzwlliam Collection di Cambridge da una collezione privata britannica.

[25] La pala raffigurante il Miracolo di sant’Ignazio di Loyola fu commissionata da Niccolò Pallavicino a Rubens, alla fine del secondo decennio, per la chiesa dei Gesuiti di Genova, presso la quale risiedeva il fratello, il gesuita Marcello Pallavicino.

[26] «…et al S. P. Paolo se ancor è in coteste parti…». ASMn, AG, b. 2261, senza numerazione.

[27] PAOLINI 2020, p. 81.

[28] Nello stesso giorno, Iberti inviò un’altra lettera, anche questa mancante dell’indicazione del destinatario, il cui registro linguistico è sempre piuttosto informale e il contenuto appare identico tranne che per i saluti finali.

[29] A tal proposito si citano due lettere di congratulazioni, indirizzate a Vincenzo Gonzaga, per l’avvenuto accordo sponsale, una da parte di Giannettino Doria (ASMn, AG, b. 776, senza numerazione, 11 novembre 1604) e l’altra da parte di Luca Grillo (ASMn, AG, 776, senza numerazione, 4 settembre 1604). Paolini 2022, in corso di stampa.

[30] Il viaggio è stato analizzato da Moralejo Ortega in base a documenti archivistici conservati presso l’Archivio di Simancas. MORALEJO ORTEGA 2018, pp. 83-109.

[31] ASMn, AG, b. 983, f. 13, cc. 253-254. MORSELLI 2018, p. 277.

[32] FURLOTTI 2003, p. 491, n. 732; MORSELLI 2018, pp. 272-273.

[33] FURLOTTI 2003, p. 492, n. 734; MORSELLI 2018, pp. 273-274.

[34] JAFFÉ 1989, p. 110.

[35] MORSELLI 2018, p. 277.

[36] ASMn, AG, b. 777, c. 584, 10 giugno 1607.

[37] ASMn, AG, b. 574, cited on the website capitalespettacolo.it, nn. C4377-C4378.

[38] ASMn, AG, b. 777, c. 711.

[39] JAFFÉ 1989, p. 110; MORSELLI 2018, p. 277.

[40] ASMn, AG, b. 2267, senza numerazione.

[41] ASMn, AG, b. 777, c. 657, 26 giugno 1607.

[42] ASMn, AG, b. 777, c. 586, 26 giugno 1607.

[43] ASMn, AG, b. 777, c. 659, 27 giugno 1607.

[44] ASMn, AG, b. 777, c. 715, 2 luglio 1607.

[45] BELLORI 1672, p. 256.

[46] PAOLINI 2018 (1), p. 39.


BIBLIOGRAFIA:

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Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti. Dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano VIII nel 1642, Stamperia Andrea Fei, Roma 1642.

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Macarena Moralejo Ortega, Il diario di viaggio in Spagna del barone Pietro Leonardo Roncas, ambasciatore straordinario di Carlo Emanuele I di Savoia presso la corte spagnola (1606), «Cheiron» 1 (2018), pp. 83-109.

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Cecilia Paolini, Vincenzo Gonzaga, Peter Paul Rubens and the mission in Spain. New documents and echoes, in Raffaella Morselli e Cecilia Paolini, Rubens e la cultura italiana: 1600 1608, Viella, Roma 2020 pp 67 – 86.

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Cecilia Paolini, All’origine delle prime biografie. La letteratura artistica seicentesca, in Raffaella Morselli, Tra Fiandre e Italia: Rubens 1600-1608, Viella, Roma 2018, pp. 27-78.

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Roger (de) Piles, Dissertation sur les ouvrages des plus fameux peintres…, Langlois, Paris, 1681.

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Francesco Scannelli, Microcosmo della pittura, Neri, Cesena 1657.

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Raffaele Soprani, Vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi (I ed.  Genova 1674), a cura di Giuseppe Ratti, I-II, Gravier, Genova 1768, v. I.

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