Disegni inediti di G. B. Ricci per il cantiere pittorico di San Gregorio al Celio
ETTORE GIOVANATI
Negli ultimi decenni sono comparsi diversi studi riguardo la figura di Giovanni Battista Ricci da Novara (Suno, 1552 ca. Roma, 1627), consentendo una graduale recupero di un comprimario della pittura romana di fine Cinquecento e inizio Seicento.1
Anche i disegni dell’artista hanno visto un crescente interesse da parte della critica, ma l’assenza di un’indagine monografica lascia ampio margine a nuove scoperte in grado di metterne maggiormente a fuoco la personalità artistica. In questo contributo si prenderanno in esame un gruppo di disegni di mano di Ricci, contenuti in un album integralmente inedito, venduto nel marzo 2019 dalla casa d’asta Artcurial di Parigi ed ora in collezione privata.2 Esso è composto da 60 pagine con 247 disegni: 238 dei quali sono tagliati in dimensioni differenti e incollati sul recto e sul verso all’interno delle pagine del volume rilegato, 7 sono smontati e 2 sono attaccati direttamente alla copertina rigida. In molti casi i fogli sono annotati con nomi di vari artisti e ognuno è numerato a penna e inchiostro bruno con una grafia antica, probabilmente seicentesca.3
La numerazione progressiva arriva fino al numero 336, calcolando, purtroppo, 89 disegni mancanti. L’assenza è dovuta o allo strappo di intere pagine dell’Album o talvolta di disegni singoli che sono stati staccati. Nello specifico le prove grafiche di Giovanni Battista Ricci riportano l’iscrizione «navarra», alludendo, come è noto, al luogo di origine del pittore.4
Lo conferma, a scanso di equivoci, l’unica delle iscrizioni posta al di sotto di un foglio non pertinente alla Cappella Salviati, in cui il nominativo dell’artista risulta effettivamente sciolto: «Gio Batta navarra».5
I disegni per gli affreschi della Cappella Salviati sono stati selezionati da un nucleo estremamente significativo di opere grafiche realizzate dall’artista novarese, che nel loro insieme costituiscono un corpus unitario all’interno dell’album stesso, mostrando una evidente affinità stilistica con altre sue prove grafiche. Si tratta per la maggior parte di prime idee o studi preparatori per affreschi o dipinti che questi ha realizzato a Roma durante la sua lunga e prolifica carriera di pittore. Lo studio di tale materiale sarà occasione per delineare il profilo artistico del Novara e la sua attività di disegnatore, su cui la critica, fino a questo momento, si è soffermata in modo marginale.6
Ulteriori affondi circa la varietà delle tecniche impiegate nel disegno, permetteranno, inoltre, di approfondire i caratteri formali della sua produzione grafica e pittorica. La decorazione della Cappella Salviati è stata ultimata subito dopo l’anno giubilare del 1600 ed è considerata il capolavoro del pittore lombardo.7
Il riconoscimento – tra gli altri disegni conservati nell’album – di un considerevole numero di studi di composizione e di figure elaborati per la decorazione della Cappella, permette di avere una visione completa su come l’artista abbia progettato e studiato l’intero ciclo decorativo, per il quale era noto un solo schizzo preparatorio raffigurante la Processione Miracolosa di Castel Sant’Angelo.8
È opportuno cominciare da disegni ideati dal Ricci per la cupola con la Gloria Celeste (Fig.1), descritta da Baglione in questi termini: «Per il medesimo cardinale dipinse a S. Gregorio al Celio la cappella al Santo dedicata; e nella cupoletta havvi una gloria con li Santi dal cielo».9
È possibile riconoscere almeno quattro disegni preliminari all’esecuzione ad affresco: uno in cui l’artista elabora la composizione e tre in cui studia la disposizione e l’anatomia dei corpi delle singole figure. Il primo (Fig.2) è stato realizzato con una tecnica mista, utilizzata anche in altre occasioni dal pittore lombardo,10 abbozzando a pietra rossa il profilo delle figure per poi in un secondo momento ripassarle con la penna e l’inchiostro ferrogallico, che in alcune zone è stato steso con il pennello per creare l’effetto chiaroscurale di luci e di ombre.
Il gruppo di Santi, schierato a emiciclo, poggia su nuvole risparmiate volutamente dalla ripassatura a penna, allo stesso modo con cui sono rese alcune figure sullo sfondo. Il contrasto cromatico che si crea tra le sagome dei personaggi appena schizzate a matita e quelli i cui profili sono segnati dall’inchiostro, determina con maggior enfasi la netta separazione tra i diversi piani prospettici. Se si osserva attentamente il disegno11, si nota come Ricci abbia formulato una prima idea per uno spicchio di cupola in cui si riconosce Mosè con le tavole della legge e Aronne, fratello di Mosè e primo sommo sacerdote del popolo ebraico (Fig. 3).
La posa di Mosè si differenzia nell’affresco rispetto a quella del disegno, ma viene reimpiegata dal pittore per la figura di Sant’Andrea dipinta nella parte opposta della cupola, sostituendo le tavole con la croce (Fig. 4).
Per quanto riguarda gli altri tre fogli sono anch’essi relativi alla stessa porzione di affresco fin qui presa in analisi, e sono studi per l’Angelo che suona la tromba a tubicino, (Fig. 5) per il San Paolo (Fig. 6) e per un altro santo, privo di attributi ma riconoscibile dalla posa accovacciata ed estremamente singolare.12
L’angelo, dipinto da Ricci in maniera analoga al disegno, è stato finemente tratteggiato a pietra rossa e ripreso di scorcio nell’atto di suonare la tromba con le vesti increspate dal movimento. I due Santi, invece, nonostante siano anch’essi da considerare due studi preparatori per l’affresco, presentano alcune varianti. Nel caso dello studio a pietra rossa del san Paolo, esso viene rappresentato disteso con le gambe leggermente piegate, il braccio destro proteso e quello sinistro in alto ad indicare la scena centrale. Sembra riconoscibile solo se messo a confronto con l’affresco, in quanto nel disegno è accompagnato da un libro poi sostituito nel dipinto dal peculiare attributo dalla spada. Sebbene già nei fogli dell’angelo e del San Paolo si possa notare il particolare interesse di Ricci allo studio del corpo umano in movimento, nell’ultimo disegno l’artista rappresenta con notevole efficacia la figura del Santo di schiena, definendone anatomicamente la colonna vertebrale a pietra nera, sfumata in corrispondenza dei muscoli in tensione. L’ attenzione che Ricci riserva all’anatomia del Santo si ritrova anche nell’affresco, resa con l’alternarsi di pennellate più chiare e più scure di colore. D’altronde Giovanni Battista non è nuovo allo studio dei modelli “classici” di Raffaello e Michelangelo, come accade per molti altri artisti operanti a Roma allo scorcio del XVII secolo.13
Nel caso del disegno con la Figura di Santo seduto di schiena (Fig. 7), sembra evidente il riferimento all’angelo del Giudizio Universale che tenta di innalzare la colonna della flagellazione (Fig. 8), riadattato alle esigenze narrative dell’affresco in S. Gregorio al Celio. Sono molteplici le influenze e gli spunti testimoniati dalla sua attività grafica, recepiti attraverso l’attenta osservazione dell’ambiente artistico romano, dai già menzionati maestri del Rinascimento ai più contemporanei fratelli Zuccari, Girolamo Muziano e Cesare Nebbia con i quali, in molti casi, aveva rapporti diretti.14
Fig. 7: G.B. Ricci, Figura di Santo seduto di schiena, pietra nera su carta, collezione privata
Fig. 8: Michelangelo, Giudizio Universale (part.), 1536 – 1541
Lo stesso Gaspare Celio ci informa di come il pittore novarese «Si serviva delle invenzioni altrui, che andavano in stampa», acquisendo elementi stilistico-figurativi non solo da una, ma da più fonti di ispirazione.15
Questo dato sembra emergere in termini ancora più espliciti nell’ambito della sua attività grafica, nella quale assimila la linea vibrante e le abbondanti acquarellature ad inchiostro di Cesare Nebbia, come nel foglio con lo Studio per Mosè ed Aronne e altri Santi, oppure nell’Angelo che suona la tromba a tubicino o nel San Paolo, in cui la monumentalità michelangelesca viene riletta secondo la tarda maniera tosco-romana degli Zuccari e del Muziano. In aggiunta ai fogli pensati per la decorazione della cupola, che lasciano trasparire la versatilità tecnica e lo sperimentalismo del pittore lombardo, si sono individuati altri tre disegni di figura riconducibili a personaggi che decorano altre zone della Cappella Salviati.16
È il caso dello Studio per il volto di Sant’Ambrogio (Fig. 9 e Fig. 10) posto nella lunetta, al di sotto del fregio,
Fig. 9: G.B. Ricci, Studio per il volto di Sant’Ambrogio, pietra rossa su carta, collezione privata
Fig. 10: G.B. Ricci, Figura di Sant’Ambrogio, 1600 ca., affresco, Roma, Chiesa di S. Gregorio al Celio, lunetta
e dei disegni preparatori delle figure del Profeta Osea nell’arcone (Fig. 11 e Fig. 12)
Fig. 11: G.B. Ricci, Profeta Osea, pietra nera su carta, collezione privata
Fig. 12: G.B. Ricci, Profeta Osea, affresco, 1600 ca., Roma, Chiesa di S. Gregorio al Celio, arcone
e di uno degli angeli adoranti in cielo, raffigurati sulla parete di destra nella scena con il Padre Eterno e angeli intorno all’immagine miracolosa della Madonna (Fig. 13, Fig. 14 e Fig. 15).
Fig. 13: G.B. Ricci, Padre Eterno e angeli intorno all’immagine miracolosa della Madonna, 1600 ca., affresco, Roma, Chiesa di S. Gregorio al Celio, parete destra
Fig. 14: G.B. Ricci, Angelo adorante in cielo, pietra nera e rossa su carta, collezione privata
Fig. 15: G.B. Ricci, Padre Eterno e angeli intorno all’immagine miracolosa della Madonna (part.), 1600 ca., affresco, Roma, Chiesa di S. Gregorio al Celio, parete destra
Il disegno preparatorio per Osea mostra dei tratti tipici dei disegni a pietra nera di Giovanni Battista, in cui delinea il profilo della figura per mezzo di una linea rapida e sciolta.17
Il pittore ne determina la posa già nel disegno, pensandola artificiosamente in relazione all’architettura reale della Cappella. Questo risulta evidente nel foglio in cui Osea è seduto sull’arcone – evocato da una semplice linea curva – con le gambe accavallate e appoggiandovi un libro. Inoltre, Il volume del corpo del profeta viene definito da un fitto tratteggio, con il quale l’artista ne studia la maggiore o minore incidenza della luce, poi restituita in maniera coerente nell’affresco. L’ identificazione della mano di Ricci negli altri due fogli, con lo Studio per il volto di Sant’Ambrogio e l’Angelo adorante in cielo, avvenuta grazie al raffronto con l’opera pittorica, permette di riscoprire alcuni aspetti della produzione grafica del pittore fino ad oggi rimasti sconosciuti agli studiosi e di cui nell’Album se ne ha ampia testimonianza. Essi sono i primi di una serie di esempi in cui Ricci, da sfoggio della già rievocata “classicità” michelangiolesca e raffaellesca ad un livello mai esibito in questi termini – si veda lo studio del volto di Sant’Ambrogio – dimostrando, d’altra parte, un aggiornamento alle novità del panorama artistico romano nel campo del disegno, sancito dall’impiego combinato della pietra nera e di quella rossa, applicate nella figura preparatoria dell’angelo. Lo studio della testa di Sant’Ambrogio evidenzia un uso disciplinato e controllato della matita rossa, caratterizzato da tratti estremamente precisi che ne descrivono la barba, i baffi e i lineamenti del volto in modo quasi lenticolare. Questo è rilevato da un sottile chiaroscuro ottenuto mediante lievi sfumature e ampie zone lasciate a risparmio che esaltano l’espressione pensierosa del dottore della Chiesa. La conduzione regolata e accademica del disegno diffusa a Roma non solo da Federico Zuccari, evidenzia i modi del Ricci alle prove grafiche di Cristoforo Roncalli con cui Giovanni Battista ha lavorato in occasione della decorazione del transetto di S. Giovanni in Laterano.18
Una tipologia di disegno, dunque, finora rimasta inedita nella produzione grafica di Ricci quanto la soluzione tecnica di abbinare le due pietre, rossa e nera. Ovviamente, tale espediente, atto a conferire colore al disegno, era diffuso a Roma tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento ed era sperimentato da diversi artisti, tra cui Federico Zuccari, Cavalier d’Arpino e proprio il Pomarancio, per citarne alcuni.19
Si tratta di una tecnica versatile, adoperata per realizzare opere autonome su carta che nel corso del XVII secolo divennero fogli da collezione, oltre ad essere largamente usata quale strumento di lavoro nell’esecuzione di studi preparatori, come nel caso dell’Angelo adorante in cielo. La figura angelica, arpinesca nello stile, illustrata dal pittore a pietra nera, di profilo e a mezzo busto, è sospesa su una nuvola, suggerita da poche linee curve tracciate a matita.20
La pietra rossa, invece, la si ritrova sfumata per la definizione dell’incarnato delle gote, del braccio e delle mani, nell’intento di fornire un maggiore naturalismo alla raffigurazione dell’angelo. Una certa dose di naturalismo nella pittura dell’artista novarese trova riscontro proprio in questo genere di disegni. L’introduzione del colore era di fatto un modo per infondere qualità mimetiche al disegno, tradizionalmente monocromo, al fine di renderlo più conforme alla rappresentazione della realtà.21
Il foglio preparatorio dell’Angelo adorante in cielo è la chiusura di un cerchio. La riscoperta, all’interno delle pagine dell’album di un numero così importante tra prime idee e disegni preparatori per un unico cantiere pittorico, consente di comprendere le differenti fasi esecutive che sono richieste dalla complessità di un tale progetto decorativo. L’artista novarese studiava attraverso il disegno ogni componente della decorazione nei minimi particolari e in tutte le sue sfaccettature: dalla composizione, allo studio anatomico di un corpo, alla resa di un volto, e lo faceva sperimentando media e tecniche tra loro diverse. L’ interesse peculiare per questo gruppo di fogli risiede inoltre nell’essere stati concepiti e predisposti per un ciclo di affreschi come la Cappella Salviati che costituisce, insieme all’abside di S. Marcello al Corso, al Transetto di S. Giovanni in Laterano e alla Cappella Cerasi in S. Maria del Popolo – quasi contemporanei tra loro – uno spartiacque nella carriera del pittore lombardo.22
L’inizio del nuovo secolo è, infatti, un momento di confronto con tendenze figurative diverse da quelle che aveva incontrato nei cantieri sistini e i disegni, qui presentati, sembrano dimostrarlo. I modelli raffaelleschi e michelangioleschi sono riletti da Ricci nella chiave zuccaresca-toscana, incontrata nel cantiere della Basilica Lateranense sotto la direzione del Cavalier d’Arpino. Tali disegni, che si è cominciato qui ad illustrare, rappresentano un esito tangibile di quella ‘maniera’ che da questo momento in poi, nell’opera grafica e pittorica dell’artista novarese, non verrà mai meno.
NOTE
[1] La conoscenza più approfondita dell’attività pittorica di Ricci si deve a partire dalle ricerche condotte sui cantieri sistini, si vedano: G. Scavizzi, Gli affreschi della Scala Santa ed alcune aggiunte per il tardo manierismo romano I, in Bollettino d’arte, XVL (1960), pp. 111-122; G. Scavizzi, Gli affreschi della Scala Santa II, in Bollettino d’Arte, XVL (1960), pp. 325-335, A. Zuccari, I pittori di Sisto V, Roma 1993, fino al volume sull’arte di papa Peretti curato da M.L. Madonna: Roma di Sisto V. Le arti e la cultura, Roma 1993. Ai quali sono seguiti altri studi ma non meno importanti: L. Barroero, La decorazione pittorica della Scala Santa, in Il Palazzo Apostolico Lateranense, Firenze 1997, pp. 139-189; E. Passalacqua, Giovan Battista Ricci da Novara negli affreschi della Scala Santa, in Scritti di storia dell’arte in onore di Teresa Pugliatti, a cura di G. Bongiovanni, Roma 2007, pp. 44-47; A. Zuccari, I disegni per gli affreschi della Scala Santa. Nebbia, Guerra, Fenzoni, Bril e le strategie progettuali di un cantiere sistino, in En blanc et noir. Studi in onore di Silvana Macchioni, a cura di F. Sorce, Roma 2007, pp. 29-46. Recentissimo e in corso di pubblicazione: A. Zuccari, Sistema gerarchico e pluralismo stilistico in età sistina. Un nuovo quadro attributivo per gli affreschi della Scala Santa, in La Scala Santa e il suo restauro, a cura di M.A. Schroth e P. Violini, Città del Vaticano. Altri importanti contribuiti sono stati prodotti sulla prolungata attività romana del pittore novarese: P. Tosini, Ricci Giovanni Battista, Dizionario biografico degli italiani, vol. LXXXVII, 2016; A. Bartolozzi, Giovan Battista Ricci e Benedetto Giustiniani nel portico di San Pietro in Vaticano, in Porre un limite all’infinito errore. Studi di storia dell’architettura dedicati a Christof Thoenes, a cura di A. Brodini – G. Curcio, Roma 2012, pp. 149-157; P. Tosini, Per Giovan Battista Ricci disegnatore: progetti decorativi per Palazzo Colonna a Roma, in Paragone, LXII (2012), 104, A.M. Pedrocchi, La cappella di Santa Monica in Sant’Agostino a Roma. Da Maffeo Vegio al cardinale Montalparo, in Bollettino d’arte, s.7, XCVI (2011), 11, pp. 107-122. R. Castelli, L’intensa carriera romana del pittore lombardo Giovan Battista Ricci da Novara (1537? – 1627), in Novarien, XLIII (2010), 39, pp. 215-234; A.M Pedrocchi, La cappella di San Nicola da Tolentino in Sant’Agostino a Roma: risvolti di un’annosa diatriba, in Bollettino d’Arte, XCI, 135 – 136, 2006, pp. 97-116; P. Tosini, La cappella di San Nicola da Tolentino in Sant’Agostino: un esempio nicoliano per la Controriforma, in San Nicola da Tolentino nell’arte. Corpus iconografico. II, Dal Concilio di Trento alla fine del Seicento, a cura di R. Tollo, Firenze 2006, pp. 67-79; G.Wiedmann, Il cardinal Anton Maria Salviati e il pittore Giovan Battista Ricci in S. Giacomo in Augusta a Roma, in Per la storia dell’arte in Italia e in Europa. Studi in onore di Luisa Mortari, a cura di M. Pasculli, Ferrara, Roma 2004, pp. 228-233; P. Tosini, La Galleria Grande di Palazzo Giustiniani: da salone di rappresentanza a museo privato, in Curia Senatus egregia, a cura di R. Di Paola, Roma 2003, pp. 105-122; P. Tosini, Giovan Battista Ricci and Cristoforo Greppi at the Castellani Chapel in S. Francesco a Ripa, Rome, in The Burlington Magazine, CXL, 1202, 2003, pp. 366-370; M. Gallo, L’atto di sepoltura di Giovan Battista Ricci in Santa Maria in Traspontina, in Studi Romani, XLV (1997), pp. 394-396; L. Gigli, San Marcello al Corso, Roma 1996; A.M. Pedrocchi, San Gregorio al Celio, Roma 1993, pp. 59-68, 185-187; L. Spezzaferro, La Cappella Madruzzo in Sant’Onofrio al Gianicolo, in I Madruzzo e l’Europa 1539 – 1658. I Principi e Vescovi di Trento tra Papato e Impero, a cura di L. Dal Prà, Trento – Milano 1993, pp. 695-703; A.L. Stoppa, Il pittore Giobatta Ricci di Suno prima che a Roma opera a Novara con Bernardino Lanino, in Novarien, 20 (1990), pp. 13-29.
[2] Ringrazio Elisabeth Bastier Specialist Old Master & 19th Century Art presso la Casa d’aste Artcurial per avermi fornito le foto ad alta risoluzione. La conoscenza dell’Album è stata possibile grazie ad un’inventariazione ed una catalogazione sistematica dei disegni dell’artista presenti nelle collezioni pubbliche e sul mercato. È in corso uno studio monografico con un attento catalogo ragionato dei disegni, in cui saranno pubblicati i fogli inediti di Giovanni Battista Ricci presenti nell’Album. Al seguente contributo ne seguirà un secondo dedicato ai disegni concepiti dall’artista per la chiesa di S. Maria in Traspontina. L’album sarà oggetto di un intervento da parte di chi scrive per l’International Study Course – Drawings in Theory and Practice. Connoisseurship – Collecting – Curatorial Practice (Vienna, 22 – 26 November 2021) organizzato dall’Albertina e dall’Istituto di Storia dell’arte dell’Università di Vienna. Album, già venduto da Artcurial, Parigi il 27 marzo 2019, Lotto no. 211. Le misure sono: mm. 270 x 210. Lo stato conservativo dell’Album sembra buono, nonostante che i fogli presentino piccole pieghe, macchie, fori e qualche lacuna.
[3]Ringrazio Alessandro Zuccari e Massimo Moretti a cui ho sottoposto le iscrizioni e la numerazione antica presente nell’Album, i quali confermano che si possa trattare di una calligrafia seicentesca. Sarebbe davvero importante per la ricostruzione della storia collezionistica dell’Album e non solo, avere la possibilità di studiarne le filigrane delle pagine e dei disegni che lo compongono.
[4] Precisamente il luogo di nascita è il piccolo Borgo di Suno. Cfr. Stoppa 1990, p. 15
[5]Il disegno, realizzato a pietra nera rappresenta un’Annunciazione, è stato certamente rifilato e presenta una quadrettatura tracciata a matita, che fa presumere che sia stato realizzato per un’opera pittorica dell’artista non ancora riconosciuta. Iscrizioni: “138”.
[6] Un primo approccio alla produzione pittorica romana dell’artista nella sua totalità e prendendone in considerazione anche la produzione grafica è stato avviato nella tesi di Laurea Magistrale di A. De Santis, Giovanni Battista Ricci da Novara e la pittura sacra ad affresco nei primi tre decenni del Seicento a Roma, Università la “Sapienza” di Roma, relatore prof. M. Moretti, A. A. 2018-2019.
[7] I lavori di costruzione della cappella iniziati dall’architetto Francesco Cipriani, detto Francesco da Volterra e conclusi da Carlo Moderno, dovevano essere terminati entro il 1600, come testimoniato dall’iscrizione nel fregio che corre intorno le pareti: ANTONIVS. MARIA. CARD. SAL VIA TVS. B. VIRGINIS. IMAGINEM. ANTE ANNO MILLE IN PATERNIS. AEDIBVS. B. GREGORIVM. ALLOCVTAM. SACELLO. EXORNAVIT. ANNO. MDC. Per l’edificazione e la datazione della Cappella Si veda: C. Franceschini, A splendid shrine for an ugly image. Visual interactions in the Salviati Chapel at San Gregori al Celio, in Chapels of the Cinquecento and Seicento in the churches of Rome, edited by C. Franceschini, S. F. Ostrow, and P. Tosini, MIlano 2020, pp. 112-145; Pedrocchi, 1993, pp. 59-68, 185-187. Ricci lavorò per il cardinale anche per la chiesa di S. Giacomo in Augusta: Cfr. Wiedmann 2004, pp. 228-233.
[8] Conservato al British Museum di Londra, Inv. no. 1979,1006,87. Penna e inchiostro bruno, pennello e inchiostro bruno, su tracce a pietra nera, su carta preparata beige quadrettata a pietra rossa, mm. 390 x 267. Iscrizione, a penna nell’angolo in alto a sinistra, stilita con una grafia antica: “Andrea d’Ancona”; in basso a sinistra, di mano successiva “andré d’ancone”. Pubblicato con attribuzione a Ricci in J.A. Gere, P. Pouncey, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum. Artists working in Rome, c.1550 to c.1640, Londra 1983, p. 152.
[9] G. Baglione, Le Vite de’ pittori, scultori et architetti, Roma 1642, pp. 148-150.
[10] Per un esempio si veda il disegno con l’Ultima Cena realizzato da Ricci per la Scala Santa. Cfr. M.S. Bolzoni, The last supper, in Capturing the Sublime: four centuries of art from a private collection, Chicago 2012, p. 90, cat. 4.
[11] La pagina dell’Album al di sopra del disegno reca il numero: “248”.
[12] Tutti e tre i fogli sono numerati rispettivamente “76”; “61”; “78” ed è annotata la scritta “navarra”.
[13] cfr. L. Spezzaferro, La riscoperta del Rinascimento. Storia dell’arte italiana. Cinquecento e Seicento, a cura di F. Zeri, Torino 1981; S. Macioce, San Marcello al Corso. Giovan Battista Ricci, in: Oltre Raffaello, aspetti della cultura figurativa del Cinquecento romano, Roma 1984, p. 112. Per la ripresa di Michelangelo nel contesto romano dell’epoca si veda anche: L’ eredità di Michelangelo a Roma nel tardo Cinquecento, a cura di M.S. Bolzoni, P. Tosini e F. Rinaldi, Roma 2016.
[14] Ricci sembra assumere questi modelli di riferimento sia attraverso opere grafiche sia pittoriche di questi artisti. Le imprese che videro coinvolto Ricci nei cantieri avviati da Sisto V diretti da Cesare Nebbia e Giovanni Guerra furono il Palazzo Lateranense, La Scala Santa e la Biblioteca Sistina. La conoscenza e il rapporto con Federico si deve alla presenza di Giovanni Battista all’interno dell’Accademia di S. Luca, di cui rifiuterà anche il principato nel 1621 a causa di una malattia. Si veda: Madonna 1993, p. 541; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della romana accademia di S. Luca, Roma 1823, p. 12. R. Alberti, Origine et progresso dell’Accademia del Disegno de’ Pittori, Scultori et architetti di Roma, Pavia 1604. L. Pirotta, Due mancati presidenti dell’Accademia di San Luca (G.B. Ricci e N. Poussin), in “Strenna dei Romanisti”, 20 (1959), pp. 282-288. G. Della Valle, Notizie degli artefici piemontesi, a cura di G.C. Sciolla, Torino 1990, pp. 126-127. Il probabile incontro con Muziano come è già stato ipotizzato dalla critica potrebbe risalire al pontificato di Gregorio XIII nel cantiere della Galleria delle Carte Geografiche (1581-1583), a cui l’artista novarese potrebbe aver partecipato. L. Arcangeli, La corrente muzianesca: Giovan Battista Ricci, in Le arti nelle Marche al tempo di Sisto V, Catalogo della mostra (Ascoli Piceno 1992), a cura di P. Dal Poggetto, Cinisello Balsamo 1992, pp. 269- 271. Proprio nel 1583 Ricci compare nel Libro dell’Esattore della congregazione dei Virtuosi del Pantheon, si veda: R. Castelli 2010, p. 218. H. Waga, Vita nota e ignota dei Virtuosi del Pantheon. Contribuiti della Pontificia Accademia dei Virtuosi del Pantheon, Roma 1992, p. 232; cfr. U. Thieme, F. Becker, Algemeines Lexikon der Bildenden Künstler, Leipzig, 1934, vol. XVIII, p. 248.
[15] R. Gandolfi, Le vite degli artisti di Gaspare Celio. «Compendio delle Vite di Vasari con alcune altre aggiunte». Firenze 2021, p. 327.
[16] Il resto della decorazione prevede: i Profeti, i Quattro Evangelisti, i Quattro Dottori della Chiesa e Angeli con strumenti della Passione
[17] Un confronto significativo è con il disegno degli Apostoli presso la tomba della Vergine preparatorio per l’Assunzione della Vergine, realizzato da Ricci per l’affresco della navata centrale in S. Maria Maggiore del 1593. Collezione Lugt, Parigi, Foundation Custodia, Inv. no. 5909. Precedentemente attribuito a Cesare Nebbia: G. Marciari, Girolamo Muziano and the Dialogue of Drawings in Cinquecento Rome, in Master Drawings, vol. 40, n° 2 (estate 2002), p. 113-134, nota 46 (come Cesare Nebbia). Restituito a Ricci nella recente mostra: Studi & Schizzi. Dessiner la figure en Italie 1450-1700, mostra Parigi, Fondation Custodia, 2020, senza catalogo, n. 50.
[18] In particolare, in Castelli 2010, pp. 222-223 si sottolinea una certa vicinanza stilistica con il Roncalli per le Storie della Vita della Vergine e in particolare, con lo Sposalizio, realizzate da Ricci nell’abside di S. Marcello al Corso. Lavori che comprendono anche il soffitto ligneo condotti tra il 1594 e il 1600. Si veda anche: Gigli 1996, pp. 110-114; E. Parlato, Il Soffitto legno di S. Marcello al Corso, opera dell’architetto Carlo Lombardi e del pittore Giovanni Battista Ricci, in Per Carla Guglielmi. Scritti di allievi, Roma 1989, pp. 136-147. Per i disegni del Pomarancio e dei pittori toscani operanti a Roma: Disegni dei toscani a Roma (1580-1620), a cura di M.L. Chappel, S. W. C. Kirwin, Prosperi Valenti Rodinò; W. C. Kirwin, The Life and Drawing Style of Cristofano Roncalli, in “Paragone”, 29, 1978, 335, pp. 18-62.
[19] Cfr. M.S. Bolzoni, I Cavalieri Giovanni Baglione, Giuseppe Cesari d’Arpino e Cristoforo Roncalli tra tradizione e modernità a cura di S. Albl.; M.S. Bolzoni, La Scintilla divina. Il Disegno a Roma tra Cinque e Seicento. Roma 2016, pp. 115-139.
[20] Per l’opera grafica del Cavalier d’Arpino: M.S. Bolzoni, Il cavalier d’Arpino maestro del disegno. Catalogo ragionato dell’opera grafica, Roma 2013; Rottgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino: un grande pittore nello splendore della fama e nell’incostanza della fortuna, Roma 2002.
[21] Cfr. M.S. Bolzoni 2016, p. 230.
[22] Cfr. R. Castelli 2010, pp. 223-226; Gilli 1996; J. Freiberg, Celebration. Constantin and the Cristian Triumph at the Lateran, in The Lateran in 1600, Cristian Concord in Counter Reformation Rome, Cambridge 1985, pp. 81-129; L. Barroero, La Basilica dal Cinquecento ai nostri giorni, in S. Giovanni Laterano, a cura di C. Pietrangeli, Firenze 1990, pp. 147-151. L. A. Mignosi Tantillo, La cappella Cerasi: vicende di una decorazione, in Caravaggio, Carracci, Maderno. La cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo, Cinisello Balsamo 2001, pp. 49 – 75, con bibliografia precedente.