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Con Mario D’Onofrio (1943-2025)

Antonella Sbrilli

Scritto da:

Redazione

Anche solo sfogliando le oltre mille pagine del volume Il potere dell’arte nel Medioevo. Studi in onore di Mario D’Onofrio, che i suoi allievi Manuela Gianandrea, Francesco Gangemi e Carlo Costantini hanno curato nel 2014 (Campisano Editore), ci si rende conto della vasta e profonda presenza di Mario D’Onofrio nel panorama degli studi sul Medioevo, nella formazione – presso la Sapienza – di generazioni di nuovi studiosi e docenti, nel consolidamento di un metodo di ricerca basato “non solo sull’analisi stilistica ma sullo studio del contesto storico, della mentalità culturale di un’epoca, dei fenomeni correlati alla produzione artistica”.
L’indice di quel volume organizzava i contribuiti dei tanti partecipanti all’interno dei campi di interesse dello studioso e maestro, focalizzandone i luoghi (Roma, l’Italia meridionale, l’Oriente bizantino); l’agency delle persone e delle istituzioni religiose e laiche; i significati delle opere d’arte “nella duplice prospettiva dei temi iconografici e di quelli contestuali”; per arrivare alla considerazione della lunga durata del potere esercitato dal Medioevo nei secoli seguenti.
Vi si ritrovano poi i nessi metodologici e didattici fra le ricerche e le lezioni tenute nelle aule dell’allora Istituto di Storia dell’arte e infine una scelta dei suoi scritti maggiori (fra i tanti: La cattedrale di Caserta vecchia, 1974; Roma e Aquisgrana, 1983; I Normanni popolo d’Europa, 1994; Romei e Giubilei, 1999; fino a La decorazione della camera picta del Palazzo Caetani a Fondi, 2013).

Chiudeva il volume la sezione Tracce di un percorso umano e scientifico, affidata ad amici, colleghi, allievi, collaboratori, alcuni dei quali ritratti nella foto di corredo. Rileggendone alcuni passi, ora che Mario D’Onofrio è venuto a mancare, colpisce non solo il ricorrere di termini che ne descrivono le qualità accademiche e umane, ma l’insistenza sul loro inscindibile connubio: una compresenza di azione, di visione e di sensibilità al contesto che ha guidato tutta la sua esistenza pubblica.
“Storia dell’arte” partecipa al cordoglio per la sua scomparsa e ci tiene a ricordare che nel 2009 Mario D’Onofrio aveva affidato alla rivista la pubblicazione di un suo studio importante, collegato agli interessi di quel periodo verso la pittura di fine Duecento e Trecento, in particolare verso la figura di Giotto.
Quell’anno, nel numero 222/223, “Storia dell’arte” riportava in apertura il saggio Giotto e il Corteo nuziale agli Scrovegni, con questa sintesi: “Il Corteo nuziale di Maria, episodio centrale del ciclo di affreschi giotteschi a Padova, viene sottoposto dall’autore ad uno scrutinio minuzioso che lo induce ad avanzare una nuova interpretazione che ne arricchisce il senso caricandolo di accenti più realistici e attualizzanti. Giotto avrebbe inteso improntare la storia di Maria a un tono più mondano traducendo l’episodio secondo una tradizione toscana dei primi anni del Trecento. La fonte, un testo apocrifo, il Libro sulla Natività di Maria. Manca nella scena giottesca la rappresentazione della figura di Giuseppe. Il corteo delle ancelle, secondo la fonte, accompagna Maria a Nazareth in Galilea, alla casa dei genitori (e non già come creduto sin qui, a Betlemme, alla casa di Giuseppe). Il ramo verde che si protende da un balcone, identificato con il maio, simbolo nuziale, è un ulteriore indizio della volontà di Giotto di attualizzare la scena”.


Con quest’immagine salutiamo l’amico e collega, invitando chi vuole a leggere il suo saggio qui di seguito:


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