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La Sapienza di Erasmo, ora e allora

L’umanista olandese Desiderio Erasmo (Rotterdam 1469 ca.-Basilea 1536) attraversò l’Europa con i suoi viaggi, la percorse attraverso la sua corrispondenza, e ne seppe indagare l’anima con impareggiabile spirito critico attraverso scritti che penetravano i grandi temi della politica, dell’etica e della religione.
L’importante mostra dedicata ad Erasmo, allestita presso Sapienza Università di Roma e curate da Alessandro Zuccari, è un prezioso e ambizioso omaggio all’umanista olandese, ma soprattutto un profondo e articolato invito a conoscere l’eredità che ha lasciato e sulla necessità di una riflessione sull’esperienza erasmiana in relazione al nostro complesso e conflittuale presente.
Come scrive Zuccari nell’incipit del saggio che introduce le riflessioni proposte nel catalogo — un volume che rimarrà come testimonianza dell’esposizione, e che proprio per essere dedicato ad Erasmo assume un senso ancora più profondo nel senso di un lascito testuale — la scelta di allestire questa mostra proprio nel Rettorato della Sapienza non è stata dettata da un’opportunità di spazi disponibili, ma dall’intenzione di riflettere sul “progetto culturale erasmiano” nel cuore di un’istituzione universitaria — la più grande d’Europa — che per sua natura deve invitare la sua comunità di studenti, studentesse e docenti a riflettere su temi come l’amicizia, intesa appunto in senso erasmiano, e “l’irragionevolezza, anzi la follia” della guerra.
Proprio per questo la mostra si apre con il Ritratto di Erasmo da Rotterdam di Quinten Massijs, prestato dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini (immagine in apertura) sormontato da una frase presa dall’Elogio della follia e installata – dalla mostra DIS/INTEGRATION del 2021 – all’ingresso dell’Aula Magna:
“L’amicizia vale più di tutto: l’amicizia, un bene non meno necessario dell’aria, del fuoco, dell’acqua; tanto soave che se togli l’amicizia togli il sole”.
Questa frase risemantizza uno spazio carico di significati controversi, dove dal 1935 al 1944 campeggiava un’iscrizione che celebrava il regime fascista.


Questo gesto curatoriale dà la misura dell’ambizione di questa mostra, caratterizzata da prestiti importanti, come il già ricordato ritratto proveniente da Palazzo Barberini, che può essere messo a confronto con quelli incisi da Albrecht Dürer, risalente al 1526, e da Hieronymus Hopfer (1525), proveniente dal fondo dell’Accademia Nazionale dei Lincei in deposito presso l’Istituto Centrale per la Grafica.

Prestiti di volumi importanti come gli Adagia pubblicati a Venezia nel 1508 o Querela Pacis, pubblicato nella stessa città esattamente un decennio dopo, entrambi provenienti dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ci portano verso il rapporto di Erasmo con l’Italia di primo Cinquecento, un rapporto evocato nel percorso espositivo e lucidamente indagato nel catalogo da Gaetano Lettieri. Un rapporto, poi, che si incrinò sulle fratture culturali e religiose che dilaniarono l’intera Europa a partire dalla Riforma luterana, ma ancor prima che quest’ultima divenisse un fenomeno capace di sconvolgere il continente, iniziò a vacillare fortemente con opere come lo Iulius, il dialogo satirico tra il defunto Giulio II e San Pietro, che nega al papa l’accesso al Paradiso. Quest’opera, pubblicata a Basilea nel 1519, fu messa all’indice, ma un raro esemplare prestato dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma è presente in questa mostra che mostra un percorso travagliato da contrasti che portarono poi, nel 1575, all’edizione “espurgata” degli Adagia a cura di Paolo Manuzio e stampata a Firenze.
I volumi esposti nelle teche dialogano poi con pannelli sulle pareti nei quali frasi di Erasmo ci inducono a riflettere sulla sua traiettoria intellettuale, in particolare in relazione ai contrasti culturali e bellici dell’Europa cinquecentesca. Un critica serrata, su tutti i fronti, alla guerra e ai danni che provoca anche ai vincitori. Citando proprio Erasmo: “Se poi fai il conto delle spese, vedrai che, anche se vinci, il danno è molto maggiore del Guadagno”.
Questo dialogo tra pareti eloquenti e volumi stampati nel Cinquecento è innescato da un allestimento complesso e fortemente pensato, nel quale il gesto curatoriale ha una valenza semantica importante quanto gli oggetti stessi esposti nelle teche. Questa interpretazione complessa del ruolo del curatore, tessuta da Alessandro Zuccari, permette di comprendere l’altezza del progetto di questa mostra, un’ambizione tanto intellettuale quanto morale. Appunto, Erasmo nel Cinquecento ed Erasmo nel XXI secolo, ora come allora.


La mostra è visitabile fino al 31 maggio 2025, ma il catalogo, un pregevole volume edito da De Luca che raccoglie saggi di Gaetano Lettieri, Lorenzo Geri, Giovanni Maria Fara e Irene Baldriga, insieme alle schede di tutte le opere esposte, oltre ad accompagnare i visitatori e le visitatrici attraverso il percorso espositivo, propone riflessioni importanti che lo fanno divenire un significativo momento di passaggio nella storiografia su Erasmo. L’importanza di questo volume e dei saggi che contiene, oltre alla qualità intrinseca degli scritti, deriva dall’interdisciplinarietà: storia del cristianesimo, storia letteraria, storia dell’arte, si parlano tra le pagine di questo libro così come dipinti, incisioni e libri articolano un discorso complesso negli spazi della mostra.

La Sapienza di Erasmo, a cura di Alessandro Zuccari, Roma, Città Universitaria, Rettorato, 1 aprile-31 maggio 2025
Catalogo: La Sapienza di Erasmo, a cura di A. Zuccari, Roma: De Luca Editori d’Arte, 2025.

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